Lavori in diga

Lavori in diga

venerdì 23 marzo 2012

Composite Be .. il Casco metrico!

Dopo anni di ricerca abbiamo avuto l'opportunità di verificare con mano le potenzialità della Composite Be. L'azienda svizzera vanta un esperienza ventennale nella realizzazione di caschi rigidi da immersione in fiberglass e carbonio potendo offrire oggi un valido sostituto al classico casco da immersione.
Dalla forma innovativa molte le migliorie apportate: fondameltale il passo metrico, un ampio campo visivo, l'allontanamento della manopola dello sbrinatore da quella dell'emergenza, l'allungamento della manopola della regolazione del flusso d'aria dell'erogatore, la valvola di non ritorno in acciaio INOX, il passaggio della frusta dietro la spalla e non di fronte come la sua concorrente, protezione del blocchetto laterale e dell'erogatore,personalizzabile.
Personalizzabile: l'azienda risponde efficacemente alle necessità del cliente offrendo l'opportunità di scegliere quale erogatore installare sul casco senza perdere l'omologazione CE, la personalizzazione del colore del casco, la personalizzazione del cuffiotto.
La Composite Be ha base in svizzera e non è necessario attendere la traversata dell'oceano per gli spare, sempre disponibili.
Non ci sono obblighi da parte del costruttore di far manutenzionare il casco solo in centri autorizzati, basta far revisionare l'erogatore da chi autorizzato, scuola diving  o quant'altro, in grado di fornire la garanzia. La manutenzione straordinaria, se necessaria, si può effettuare in azienda , acquistando i ricambi direttamente, o portandolo in Svizzera presso la Composite Be.
Il casco è stato largamente distribuito in america centrale ed utilizzato sia in basso fondale che in saturazione lasciando soddisfatti i diver e senza nessun rimorso ....
Forse il primo in Italia è stato fornito ai sommozzatori della GdF ma la ventata di novità ha interessato anche Vigili del Fuoco, Carabinieri ed alcuni professionisti del settore, che hanno avuto l'opportunità di vederlo esposto alla fiera di Roma BigBlu 2012, richiedendo di poter provare il casco in acqua.

Per info potete contattarci a info@subseaservices.it

giovedì 12 gennaio 2012

Pesca fantasma, sembra che nessuno la conosca .... Mah!

6 maggio 2009, Roma - Le grandi quantità di attrezzature da pesca perse in mare o abbandonate dai pescatori stanno danneggiando l'ecosistema marino, compromettendo gli stock marini attraverso la "pesca fantasma" e costituendo un pericolo per le imbarcazioni, afferma il nuovo rapporto realizzato congiuntamente dalla FAO e dal Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (UNEP).

Secondo lo studio, il problema delle attrezzature da pesca abbandonate, perse o altrimenti dismesse (ALDFG l'acronimo inglese) sta peggiorando a causa dell'aumento nella scala delle operazioni di pesca e dell'introduzione di attrezzature da pesca particolarmente resistenti perchè fatte di materiali sintetici altamente durevoli.  

Il rapporto stima che le attrezzature marine abbandonate, perse o dismesse negli oceani ammontano ad un 10% (640 000 tonnellate) di tutti i rifiuti presenti in mare. In mare aperto, le navi mercantili costituiscono la fonte primaria di rifiuti marini, mentre la principale fonte di rifiuti nelle zone costiere è l'attività di pesca a terra.. 

La maggior parte delle attrezzature da pesca non viene deliberatamente abbandonata ma viene persa durante le tempeste, trasportata via da forti correnti, o è il risultato dei cosiddetti "conflitti tra attrezzature", per esempio, quando si pesca con le reti in aree dove sono già state sistemate sul fondo trappole in cui le nuove reti possono incagliarsi. 

I principali danni causati dalle reti abbandonate o perse sono:

  • la cattura continua di pesci - conosciuta come "pesca fantasma" - e di altri animali quali tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono;
  • l'alterazione degli ecosistemi dei fondali marini;
  • la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni.
I tramagli, le nasse e le trappole per pesci contribuiscono alla  "pesca fantasma", mentre le reti da pesca estese tendono prevalentemente a intrappolare altri organismi marini e le reti a strascico a danneggiare gli ecosistemi sottomarini. 

La pesca fantasma In passato, le reti da pesca mal gestite portate alla deriva dalla corrente erano additate come le principali responsabili, ma la loro messa al bando in molte aree nel 1992 ha ridotto il loro contributo alla pesca fantasma.

Oggi sono i tramagli posti sui fondali ad essere più spesso riconosciuti come il principale problema. L'estremità inferiore di queste reti è ancorata al fondale marino, mentre alla sommità sono posti dei galleggianti,,così da formare un muro sottomarino verticale di reti che può estendersi dai 600 ai 10 000 metri di lunghezza. Se un tramaglio viene abbandonato o perso, può continuare a pescare da solo per mesi - a volte anni - uccidendo indiscriminatamente pesci ed altri animali.

Le trappole per pesci e le nasse sono un' altra principale causa di pesca fantasma. Nella Baia di Chesapeake, negli Stati Uniti, si stima vengano perse ogni anno circa 150 000 trappole per granchi, su un totale di 500 000. Solo sull'isola caraibica di Guadalupe, circa 20 000 di tutte le trappole sistemate ogni anno vengono perse in ogni stagione degli uragani, un tasso di perdita pari al 50%. Come i tramagli, queste trappole possono continuare a pescare da sole per lunghi periodi di tempo.

Le soluzioni "L'ammontare di attrezzature da pesca che restano in mare continuerà a crescere e le conseguenze sugli ecosistemi marini continueranno a peggiorare se la comunità internazionale non si decide a prendere delle misure effettive per fronteggiare il problema dei rifiuti marini nel suo complesso. Le strategie per affrontare il problema devono dispiegarsi su vari fronti, e comprendere misure di prevenzione, di mitigazione e di cura", afferma Ichiro Nomura, Vice-Direttore Generale della FAO per la Pesca e l'Acquacultura. Nomura ha anche sottolineato che la FAO sta lavorando a stretto contatto con l'Organizzazione Marittima Internazionale (IMO l'acronimo inglese) per la revisione attualmente in corso dell' Allegato V della "Convenzione Internazionale sulla Prevenzione dell'Inquinamento da Navi" (MARPOL l'acronimo inglese), per quanto riguarda le attrezzature da pesca in mare e sugli scogli.

Il Sotto-Segretario Generale dell' ONU e Direttore Esecutivo dell'UNEP Achim Steiner ha detto: "Ci sono molti ‘fantasmi' nell'ecosistema marino, dalla sovrapesca e dall'acidificazione degli oceani legata ai gas serra, alla crescita delle ‘zone morte' de-ossigenate causata dagli scarichi e da altre fonti terrestri d'inquinamento. Le attrezzature da pesca abbandonate e perse fanno parte di questa serie di problemi che devono essere affrontati colletivamente con urgenza, affinchè la capacità di riproduzione dei nostri oceani e mari possa esser preservata per le generazioni odierne e future, e non di meno pe ril raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell'ONU." 

Il Rapporto FAO/UNEP elenca una serie di raccomandazioni per affrontare il problema delle reti fantasma:

Contrassegnare le reti. Non tutte le attrezzature vengono deliberatamente gettate via, quindi la pratica di contrassegnarle non dovrebbe essere usata per "additare i colpevoli" ma piuttosto per capire le ragioni delle perdite di attrezzature e identificare appropriate e specifiche misure preventive.  

Migliorare gli schemi di raccolta, eliminazione e riciclaggio. E' necessario facilitare un' adeguata eliminazione di tutte le reti da pesca vecchie, danneggiate e recuperate, afferma il rapporto. La maggioranza dei porti però non dispone delle attrezzature necessarie. Una buona soluzione potrebbe quindi essere quella di collocare dei cestini per i rifiuti sugli scogli e di dotare le imbarcazioni di recipienti di grandi dimensioni e molto resistenti per raccogliere le reti vecchie o parti di esse da buttare.

Migliore rendicontazione delle attrezzature perse. Una raccomandazione chiave del rapporto è che le imbarcazioni dovrebbero aver l'obbligo di riferire ogni eventuale perdita di attrezzatura. Ciò nonostante, si dovrebbe adottare un approccio "non colpevolizzante" per quanto riguarda le perdite, i loro effetti e tutti i tentativi di recupero, afferma il rapporto. Lo scopo dovrebbe essere quello di accrescere la consapevolezza dei rischi potenziali ed aumentare le probabilità di recupero delle reti.

"Chiaramente le soluzioni per questo problema esistono, e la nostra speranza è che questo rapporto stimoli le industrie e i governi ad agire concretamente per ridurre in maniera significativa la quantità di reti perse o abbandonate presenti nell'ambiente marino", ha affermato Nomura.

mercoledì 21 dicembre 2011

IDROPULIZIA SUBACQUEA CAVITAZIONALE.


La cavitazione è un fenomeno fisico che descrive la formazione di microbolle gassose in un fluido. E' stato recentemente rilevato che la temperatura di ogni singola microbolla è di centinaia di gradi centigradi e non è sferica come si pensa ma con forma toroidale, o a ciambella. La velocità di rotazione della bolla combinata con temperatura e velocità implode a...l contatto delle concrezioni sprigionando energia.

Feedback: da una centrale termoelettrica a cui offriamo i nostri servigi abbiamo ottenuto un elogio per il lavoro di idropulizia subacquea delle griglie installate nella vasca di calma della stessa centrale: da Febbraio 2011 ad oggi non hanno ancora attecchito le concrezioni garantendo il flusso di acqua per il raffreddamento delle turbine.

giovedì 29 settembre 2011

2012 Anti-pollution Team

Nel corso del prossimo anno Sub Sea Services formerà un team di pronto intervento per la bonifica di siti contaminati da idrocarburi. Il team affiancherà e collaborerà a stretto contatto con il personale subacqueo della Sub Sea Services per garantire l'intervento immediato in caso di sversamento in mare di agenti inquinanti preservando sempre di più l'ambiente marino.
Il team opererà anche autonomamente per effettuare la bonifica di siti inquinati offrendo ai clienti una sempre più vasta gamma di servizi altamente specializzati e tecnologicamente avanzati. Sub Sea Services è l'unica azienda diving, sicuramente del litorale laziale, che è dotata di attrezzature idonee per effettuare immersioni in siti contaminati.

venerdì 17 giugno 2011

Gli ancoraggi Eco-Compatibili sono arrivati a Ponza.

Finalmente a Ponza si sono installate le prime ancore eco-compatibili della Manta Ray.

Dopo le varie vicessitudini che hanno coinvolto gli operatori del settore diportistico dell'isola, per le presunte violazioni ambientali e demaniali del 2009, uno dei titolari dei nove pontili sequestrati ha deciso di adottare gli ancoraggi ecocompatibili come ancoraggio del proprio galleggiante.

Sub Sea Services concessionaria per il Lazio, sia per la fornitura che per l'installazione, ha installato le predette ancore nei primi giorni di giugno evitando di danneggiare, come sarebbe potuto accadere con il posizionamento dei corpi morti di cemento, la Posidonia sul fondo ed installare il pontile galleggiante.

Ci teniamo a precisare che le Manta Ray sono ancore infisse nel fondale e pertanto invisibili ed inamovibili, Manta Ray è un ancoraggio che non può assolutamente arare sul fondo.

Durante le fasi di collaudo abbiamo raggiunto una prestazione, da parte delle ancore, di 9000Kg di tiro longitudinale ed equivalente al peso di un corpo morto di 6mc.

Aver installato queste ancore ha aiutato tutti gli operatori ponzesi a comprendere l'importanza della conservazione degli habitat naturali, della flora e della fauna subacquea e la possibilità di continuare le loro attività in un connubio perfetto con la natura.

sabato 30 aprile 2011

UNI 11366

Sub Sea Services è socia della UNI, l’ente di unificazione italiano, ed a tal proposito cerca di infondere una maggiore sensibilizzazione ad utilizzare, fino a modifica migliorativa, le norme UNI 11366 riguardo lo svolgimento della subacquea professionale lavorativa:

Norma UNI 11366
“Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee e
iperbariche professionali 
al servizio dell’industria”

La norma è stata emanata in virtù degli standard internazionali IMCA che regolano l’attività subacquea professionale sia  on-shore che off-shore.

La norma italiana definisce i criteri e le modalità per l’esecuzione di attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria, le caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati ed i requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto, tali da garantire la sicurezza e la tutela della salute dei medesimi lavoratori durante l’espletamento delle attività.

La norma fornisce indicazioni precise sulle modalità per la conduzione di operazioni subacquee: tali operazioni devono essere eseguite esclusivamente da personale qualificato ed esperto e non contempla la figura del PALOMBARO ma solo sommozzatori che hanno seguito un iter formativo e non un fittizio imbarco di coperta; le immersioni subacquee devono seguire precise ed indifferibili operazioni che consentano il monitoraggio ed il contatto costante ed ininterrotto fra l’uomo immerso e la superficie; l’utilizzo di attrezzature specifiche, come caschi rigidi ed ombelicali, e comunque adatte alle varie situazioni di lavoro che il sommozzatore professionista deve affrontare nella esecuzione di opere ed interventi.

La norma differenzia l’attività in basso fondale, entro il limite dei 50mt di profondità, ed alto fondale, oltre i 50mt di profondità, per ciascuna delle tipologie indicate, la norma stabilisce l’equipaggiamento minimo necessario all’immersione e la composizione della squadra (ad esempio per il basso fondale oltre i 12 metri la squadra di lavoro deve essere costituita almeno da 1 capocantiere subacqueo e da 3 sommozzatori, Sub Sea Services, in tal senso, applica per il basso fondale gli standard IMCA e la composizione minima della squadra è di 5 unità, 1 supervisore e 4 sommozzatori di cui uno di essi è vestito in Stand-by pronto ad intervenire).

L’utilizzo dei caschi da immersione è di fondamentale e vitale importanza, indossare un casco rigido significa scongiurare l’annegamento del sommozzatore anche durante la manifestazione di un malessere non legato allo svolgimento delle attività in immersione.

                Sub Sea Services snc ha a cuore l’attività subacquea in genere e nell’animo si rende conto che è più importante preservare la vita umana anche al costo di rifiutare incarichi di lavoro.

                Applicare le norme significa dare vita!

    Per la Sub Sea Services snc
          Riccardo Ruggeri

giovedì 28 aprile 2011

Incidente sul lavoro, muore sommozzatore di 21 anni.

Sub Sea Services non vuole dire nulla riguardo il tragico evento, ove le parole sono del tutto superflue, ma vuole solo esprimere il proprio cordoglio alla famiglia del giovane Ottavio B.

Le nostre più sentite condoglianze per la vostra grande perdita.

Sub Sea Services

martedì 12 aprile 2011

Riconoscimento dell'IDSA da parte dell'IMCA

IMCA/IDSA DIVING INITIATIVE
Diving Personnel Qualifications Scheme

Industry and training schools have come together to work on developing a diving personnel qualifications scheme that could be in place as early as the start of 2005.
Diving continues to be a globalised industry with common approaches being adopted by clients and contractors world-wide. However, in some regions clients and contractors have difficulty in recognising the qualifications of some personnel because the courses offered by the training schools they have attended do not have a recognised content, duration and syllabus. Schools have developed their courses in response to government and other local requirements, which have sometimes led to wide variations in syllabi.
This leads to the qualifications of some qualified personnel not being recognised, which results in confusion, restrictions on free movement of personnel, general inefficiencies and potentially a number of safety issues.
Clients and contractors look for a recognised global qualification which remove this doubt and will help ensure a commonality of approach and understanding and across the world; and thus increased safety levels.
IMCA, the International Marine Contractors Association, is the international trade association representing offshore, marine and underwater engineering companies. IDSA, the International Diving Schools Association, is the international trade association representing diving schools. The aims of both trade associations include addressing issues collectively for the benefit of their members, promoting the free movement of personnel and trying to remove inefficiencies. Both organisations have been at the forefront of promoting good and safe diving practice through developing and publishing guidance.
IMCA and IDSA have a common interest in addressing diver and diving personnel training for the benefit of their members, the divers themselves and the many other interested parties in the industry. To that end, they have come together to work on developing a diving personnel qualifications scheme that could be in place as early as the start of 2005.
Aim
The joint IMCA and IDSA approach aims to develop a scheme for internationally recognised training standards for the certification of diving personnel; initially for divers but subsequently extended to cover other diving personnel positions. "We see a simple purpose to the scheme," say Hugh Williams, Chief Executive of IMCA and Sijtsche Zwiers, Chairman of IDSA, "It is to provide common training standards to facilitate the free movement of diving personnel internationally and obtain recognition by employers, clients, governments and training establishments."
IMCA and IDSA will work together, leading to:
  1. The development of an appropriate scheme and transitional arrangements using IDSA diver training standards; this in turn will lead to:
    • IMCA accepting the IDSA qualification
    • IDSA members issuing IDSA diver training cards
  2. The development of appropriate administration arrangements for the diving personnel qualifications scheme
  3. The identification of an advisory board
  4. The identification of an independent third party to undertake audits of training establishments
  5. Setting up and undertaking initial audits
  6. Consultation with and acceptance by appropriate stakeholders
  7. Active promotion of the scheme by both organisations with employers, clients, governments, training establishments and other representative stakeholders
  8. Working to agreed milestones to be identified. It is planned to have the scheme in place from 1 January 2005.
Conclusion and Benefits
In a joint statement, IMCA's Hugh Williams and IDSA's Sijtsche Zwiers explain that "This new scheme will create a sound system designed for the benefit of all parties. The combination of good standards, the representative advisory board and independent audit will ensure that it is a robust scheme, designed for the long term benefit of the diving industry worldwide. Its internationalism is ensured thanks to the membership and links of both our organisations and the wide support we can count on globally. However, the scheme is not just designed for the 'here and now' but to 'grow' with the requirements of the industry and be flexible and encompass the addition of new diving schools and countries over the years. We are confident that the proposed diving personnel qualifications scheme will contribute to enhancing safety for divers, ensure free movement of personnel and remove inefficiencies from this industry."
Further information on IMCA and IDSA, and the IMCA/IDSA Diving Initiative/Diving Personnel Qualifications Scheme is available from:

IMCAIMCA - the International Marine Contractors Association
Website: www.imca-int.com
E-mail: imca@imca-int.com
IDSAIDSA - the International Diving Schools Association
47 Faubourg de la Madeleine, 56140 Malestroit, Brittany, France
Tel: +33 (0) 2 9773 7261
Fax: +33 (0) 2 9773 7261
Website: www.idsaworldwide.org
E-mail: info@idsaworldwide.org

lunedì 4 aprile 2011

Idropulizia subacquea a cavitazione e CNR

Dal marzo 2010 è stata omologata CE nella direttiva macchina e nella direttiva applicazioni  una strumentazione  rivoluzionaria, che potrebbe essere la miglior soluzione per gran parte dei problemi di lavoro subacqueo.

Si tratta di una applicazione che sfrutta l’effetto della cavitazione in ambiente subacqueo che tipicamente si genera quando un elica supera il suo ottimale regime di rotazione.

Essa nel 2003 ha ricevuto la certificazione della U.S. NAVY. Impiegata in tutto il mondo, questa tecnologia americana – ampiamente utilizzata con pieno successo – non usa il getto d'acqua come uno scalpello meccanico ma lo utilizza invece come una sorgente di cavitazioni le cui implosioni generano shock waves. Se opportunamente indirizzate e focalizzate esse scaricano la loro energia per la disincrostazione di strutture in immersione.

E’così possibile la pulizia di carene, tubazioni, cavi elettrici e quant’altro senza minimamente abradere le eventuali vernici protettive presenti. Le attrezzature che utilizzano questa tecnologia hanno anche il vantaggio di operare in condizioni di estrema sicurezza per il subacqueo, poiché il getto risulta inoffensivo a più di 7-8 centimetri dall’ugello di uscita. La manovrabilità di questi utensili a “getto cavitazionale” e con impugnatura “a pistola” è ottima grazie ad un speciale sistema di bilanciamento a “retro-getto” che ne compensa totalmente la spinta naturale, rendendo il lavoro leggero, più preciso e sicuro. Le dimensioni compatte consentono un ottimo lavoro anche su superficie e strutture molto complicate.
Cercheremo ora di offrire una spiegazione semplice del complesso principio fisico-idrodinamico che è il cuore del sistema: da ogni unità a “getto cavitazionale”  l’acqua in pressione fuoriesce dall’ugello di emissione sotto forma di una nuvola di microbolle o, più precisamente, di microcavità cariche di energia in uno stato instabile, e così mantenute da microscopici moti vorticosi. Essi sono dotati di vita brevissima, ma sufficiente a garantire l'efficienza operativa del getto. L'energia del fascio d'acqua è quindi fornita non solo dall'energia cinetica dovuta alla velocità di fuoriuscita, ma anche da un'energia interna instabile dovuta al moto caotico-microvorticoso che mantiene in vita le micro cavità per quel “micro tempo” indispensabile a lasciarle lavorare. Quando il getto incontra una superficie solida, impregnando gli interstizi, le incrostazioni ecc, le micro-cavità collassano in una miriade di implosioni, e queste shock waves trasferiscono praticamente tutta l’ energia impiegata per generarle all'azione di separazione e sgretolamento delle incrostazioni. La forza distruttiva del getto dipende anche dal tipo e dalla consistenza del materiale colpito: tanto più questi è rigido, fratto e poroso, tanto più forte sarà l’effetto. Poiché la fase di formazione delle micro cavità avviene in tempi ben più lunghi della fase implosiva, questa produce risultati di qualche ordine di grandezza superiore a quelli ottenibili da un semplice getto ad alta pressione ma senza l’azione implosiva del “getto cavitazionale”. E’ qui opportuno ricordare che i fenomeni di micro-cavitazione sopra descritti non possono formarsi in ambiente subaereo. Questa strumentazione è pertanto di esclusivo impiego subacqueo, anche perché il retro-getto di compensazione emesso in aria potrebbe diventare pericoloso, non essendoci l’acqua ambiente a disperderlo, assorbirlo e ad ammortizzarlo.

Poiché le vernici protettive antifouling sono elastiche e compatte, esse subiscono passivamente  la “mitragliata” delle microimplosioni, assorbendo solo una minima parte della loro energia e quindi rimanendo intatte. Le incrostazioni calcaree tipiche del fouling – essendo formate da materiali cristallini (prevalentemente carbonato di calcio) molto rigidi e disomogenei – le assorbiranno totalmente e tenderanno a riempirsi di microfratture perdendo ogni potere di adesione. Analogamente si staccheranno facilmente anche organismi animali quali i classici “denti di cane”, le ostriche, e quant’altro abbia come collante un materiale cristallino e fragile. Allo stesso modo si staccheranno anche le cozze, il cui bisso è fissato al supporto mediante piccolissime placche calcaree.

Il fenomeno è particolarmente evidente durante la pulizia di tubi metallici, sui quali il “collante” delle incrostazioni può essere formato da ossidi ed idrossidi ferrosi, che possono trasformarsi in carbonati.  Tra i più comuni ricordiamo l’ Ankerite, la Goethite e  l’ Idrozincite,  tutti cristallini e  fragili. In questo caso succede spesso che dalla tubazione si stacchino delle placche, delle croste che ricordano lo sfogliarsi della corteccia degli alberi da sughero. Le superficie pulite con “getti cavitazionali” riacquistano normalmente la loro originaria lucentezza e/o levigatura; questo dimostra che tutto quanto vi si era naturalmente attecchito è stato totalmente asportato. Le idropulitrici tradizionali (la cui efficacia dipende da una pressione decisamente più elevata) tendono invece a lasciare superficie più rugose, “micro scolpite, ove il fouling si fissa e cresce molto più rapidamente. Mancando quell’effetto a scalpello dell’impatto di un getto d’acqua in pressione (come nelle idropulitrici), i “getti cavitazionali” sfruttando principi fisici diversi  possono essere tranquillamente impiegati anche su materiali tessili e/o legnosi, che vengono puliti senza alcun danneggiamento. Gli eventuali residui organici improbabilmente rimasti vengono “sterilizzati” dall’effetto cavitazionale che comporta la morte delle cellule vive rimaste.

Pertanto i “getti cavitazionali” possono essere considerati  la tecnologia ideale per la pulizia delle gabbie per gli allevamenti ittici in mare perché non solo non danneggia le strutture e le reti ma nemmeno i pesci all’interno che restano comunque fuori dal suo raggio d’azione.

Operativamente, tra una idropulitrice tradizionale ed una pulitrice cavitazionale  le differenze sono molte  ed importanti:

IDROPULITRICI TRADIZIONALI
  1. -- La pressione di esercizio ha non meno di 200 Bar di pressione
  2. -- il getto d’ acqua ad alta pressione scava un solco preciso, lungo, sottile e senza sbavature,  di circa 1 cm2 di sezione
  3. -- la manovra comporta movimenti ampi ed è più faticosa
  4. -- il getto perde la sua pericolosità dopo almeno un’ ottantina di centimetri
  5. -- è imputabile di inquinamento ambientale asportando in tutto od in parte le vernici antifouling
  6. -- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è  7-10 volte superiore
GETTI CAVITAZIONALI

  1. -- La pressione di esercizio ha circa 150 Bar di pressione
  2. -- l’ugello emette un cono di micro vortici con  un angolo di apertura di circa 30 gradi e che perde la sua efficienza dopo circa 8 -10  centimetri
  3. -- la superficie di impatto (ove pulisce) è un ovoide largo circa cm 4 e lungo circa cm 7
  4. -- la sua manovra, a parità di pressione di alimentazione, è meno faticosa e più sicura
  5. -- rispettando le vernici antifouling non produce inquinamento ambientale
  6. -- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è  7-10 volte inferiore
Antonio Stefanon

Geologo Marino presso l'Università di Venezia
Collaboraore dell'Istituto di Biologia de Mare del C.N.R.

12 Settembre 2010
Su concessione NOS-Italia

domenica 3 aprile 2011

Nuova iscrizione

Sub Sea Services espande i suoi terriotori richiedendo ed ottenendo anche l'iscrizione presso l'Autorità portuale di Piombino. Presto saremo operativi 24/7 sul territorio.